lunedì 14 maggio 2012

Storytelling through social media: come cambia la narrazione




L'arte della narrazione è oggi uno dei mezzi più potenti per trasferire messaggi, valori, esperienze, idee...questo perché la narrazione è un atto che contraddistingue la nostra stessa vita e il nostro modo di pensare. Storie e racconti, infatti, hanno attraversato i secoli, mutando forma e consistenza, seguendo quella rivoluzione tecnologica che si è fatta sempre portatrice di cambiamento ed innovazione. Del resto la capacità della parola di adattarsi ai mezzi e la nostra attitudine a vivere il mondo attraverso dei frame hanno preservato il valore della narrazione, trasformando la figura del cantastorie in moderno storyteller.
Da ciò risulta evidente l'importanza che oggi ha assunto la narrazione per le aziende: si parla di storytelling management, un'unico concetto che racchiude un piccolo mondo.

Più che inoltrarci nei boschi narrativi, come li chiama Eco, vorrei invece fermarmi un attimo e riflettere sull'evoluzione della pratica narrativa oggi.
Il web 2.0 ha portato con sé numerosi cambiamenti anche nel modo di raccontare: in sintesi potremmo parlare di transmedialità, come la definisce Henry Jenkins. Il transmedia storytelling è un atto narrativo intermediale ed intertestuale: la comunicazione passa da un media all'altro in modo fluido, ampliandosi e rigenerandosi di volta in volta, annullando i confini fra autore ed utente. La nascita del prosumer è del resto insita in questo processo.
Ciò significa che l'azienda non solo crea delle narrazioni, ma che la rete le permette di inserirsi in un processo narrativo più ampio, in cui ognuno può collaborare alla creazione di valore per l'impresa.

Ma andando più a fondo della questione, come si inserisce la narrazione nel mondo dei social? Cosa accade quando il testo si destruttura andando a finire in macrostrutture sociali?
Secondo Andy Carvin, ospite all' IJF di Perugia, il mondo dei social è particolare innanzitutto perchè vive nel "qui ed ora": i racconti entrano e si perdono, i social media non hanno una memoria, o almeno, non ancora. L'unica novità è la Timeline di Facebook, strumento introdotto di recente che permette di andare indietro nel tempo e leggere tutte le informazioni pubblicate in precedenza.
Questo non è ancora possibile per molti altri social: per esempio la quantità di tweet recuperabile per singolo account, è limitata. Tuttativa secondo Carvin questi ecosistemi digitali sarebbero soltanto ad un primo stadio di sviluppo, idea a cui si associa anche lo storyteller italiano Max Giovagnoli.
Ciò ci fa capire meglio come le storie viaggiano sul web: le storie passano secondo una serie di trasformazioni, il testo si fa liquido e le parole possono essere prese e rese elastiche a seconda del contesto, ma possono anche perdersi nel rumore di fondo. Seguendo questo processo, sarebbe possibile partire da uno spot, arrivare ad un video su YouTube, condividerlo su Facebook,  modificare la storia, postarla su un blog e darne notizia su Twitter.
Il web 2.0 è un mondo fluido, fatto di relazioni e di condivisione. La sfida per un'azienda sta da un lato nel creare valore con la propria narrazione (narrazione di sé, dei suoi prodotti, della sua storia), interessare e intercettare il pubblico di riferimento e dall'altro nel saper gestire la liquidità, cioè saper prevedere dei percorsi possibili per la sua storia.
In questo i social agiscono come mezzi attraverso cui fluiscono frammenti della nostra narrazione, e in alcuni casi, strumenti che creano narrazioni ex novo, la cui pregnanza sta nella capacità di viralità ed estensione sui media on e off line.
Interessante sarà quindi vedere quali saranno le evoluzioni dei social media nei prossimi anni come dicono Carvin e Giovagnoli e capire quale ruolo svolgeranno i nuovi cantastorie del web 2.0.

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